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AIIC Italy News

15/09/2023
Interpreti: una professione in continua evoluzione
Da sempre, le trattative e le relazioni interculturali sono la chiave per il progresso. Crociati, esploratori, conquistatori, mercanti, monarchi, rappresentanti dei governi e diplomatici hanno sempre fatto affidamento su intermediari in grado di colmare le divisioni linguistiche e culturali, i cosiddetti dragomanni nell’antichità e, oggi, figure professionali conosciute con il nome di interpreti. 
Nell’antichità, tuttavia, l’interpretazione non era considerata una professione, ma un’abilità naturale e spontanea del singolo ad apprendere le lingue. L’interpretazione come la conosciamo oggi nasce, infatti, solo agli inizi del ‘900. Il primo vero “spartiacque” fra abilità e professione fu il Trattato di Versailles che pose ufficialmente fine alla Prima guerra mondiale. In quell’occasione, infatti, durante il processo di mediazione, i rappresentanti di Regno Unito e Stati Uniti preferirono parlare nella propria lingua madre, l’inglese, e avvalersi di interpreti che conoscessero anche il francese, in modo da garantire la comunicazione fra i delegati parlanti lingue diverse. Viste le lunghe sessioni di lavoro si rese necessaria l’elaborazione di uno specifico sistema di appunti e presa di note fondato sulla concettualizzazione a supporto della memoria: nasce, così, l’interpretazione consecutiva. Ben presto l’uso di questa tecnica si diffuse nelle grandi organizzazioni internazionali come la Società delle Nazioni e l’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro), mostrando rapidamente i propri limiti in quanto richiedeva molto tempo, soprattutto quando le lingue di lavoro erano più di due. Per questa ragione, all’inizio degli Anni ’20, si cominciò gradualmente a sperimentare una modalità diversa di interpretazione, quella simultanea, usata - in una prima forma più rudimentale - negli Anni ‘30 anche per interpretare i discorsi di Hitler per gli ascoltatori francesi.
 
Un nuovo corso grazie all’interpretazione simultanea
La vera svolta arrivò però con il Processo di Norimberga, dove venne utilizzata per la prima volta l’interpretazione simultanea nella modalità che conosciamo oggi. Da quel momento gli interpreti di conferenza hanno iniziato ad avere un ruolo sempre più significativo e, su questa scia, ha gradualmente iniziato a prendere forma una nuova generazione di interpreti: non solo uomini e donne con storie familiari multilingue, ma anche individui che avevano scelto di studiare le lingue straniere e specializzarsi nell’interpretariato.
È stato proprio lo sviluppo dell’interpretazione di conferenza dopo la Seconda Guerra mondiale che ha permesso di ottenere un importante riconoscimento di questa figura professionale, chiamata negli anni seguenti a presenziare a numerosi incontri e conferenze, ma anche dare il proprio imprimatur professionale a intese internazionali in occasione di convenzioni o della stipula di importanti trattati. Un riconoscimento culminato poi con la nascita di AIIC nel 1953.
 
Una professione in costante evoluzione
Negli anni la figura dell’interprete si è evoluta adattandosi ai tempi e alle situazioni, pur senza compromettere mai la sua integrità professionale e la sua natura di “mediatore consapevole”, dotato non solo di una spiccata capacità linguistica, ma anche di sensibilità, cultura, competenze interculturali e comunicative e duttilità.
Anche le tecniche per l’interpretazione simultanea hanno fatto passi da gigante dai tempi di Norimberga a oggi: via gli ingombranti sistemi via cavo per far posto ad impianti a infrarossi per la trasmissione del suono e cabine moderne (sia mobili sia fisse) disciplinate da normativa ISO. Anche le richieste e i tempi sono cambiati. Dai congressi di più giornate a riunioni brevi - spesso anche online - e fino all’utilizzo della traduzione simultanea in ambiti che non erano stati contemplati e neppure immaginabili quando l’associazione fu creata: TV, consigli di amministrazione, roadshow in occasione di IPO o presentazioni di risultati aziendali, grandi convention aziendali, visite di cantieri, sfilate di moda e, persino, traduzioni in sala operatoria.
Anche gli strumenti e le soluzioni tecniche si sono di volta in volta adeguate alle diverse esigenze: cabina, impianti portatili, voice over o piattaforme online hanno permesso, in eventi comunicativi assai diversi, un servizio tempestivo ed efficace. L’avvento del Covid, infine, ha costretto a ripensare le modalità di lavoro aprendo la strada alla sperimentazione del servizio di interpretariato da remoto.
 
AIIC in Italia
AIIC, Associazione Internazionale Interpreti di Conferenza, è oggi presente in ogni continente ed è suddivisa in 23 Regioni. La Regione Italia, che esiste da più di 30 anni, si è costituita in associazione di diritto italiano il 5 marzo 2014, ai sensi della Legge n. 4/2013, che regolamenta le associazioni professionali, e oggi AIIC Italia è iscritta nell’elenco delle Associazioni che rilasciano l’attestato di qualità e di qualificazione professionale dei servizi prestati dai soci, elenco riconosciuto dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy e pubblicato sul sito del ministero.
Nel nostro Paese i primi interpreti che, trenta anni fa, aderirono ad AIIC lavoravano prevalentemente o esclusivamente per le istituzioni. Con il passare degli anni e lo sviluppo dell’industria congressuale, però, i soci hanno cambiato o arricchito la loro professionalità mettendola a servizio anche del “mercato privato”. Su questa scia sono nate negli Anni ‘80 e ‘90 le segreterie operative di Firenze, Milano e Roma, pensate per fornire una risposta coordinata e più efficiente al mercato, in modo da dare ai propri clienti un supporto in tutte le fasi operative di un evento: sopralluogo, ricerca e suggerimento della soluzione tecnica migliore, composizione dell’équipe, preventivo e fatturazione.